Quando penso alla nostra società, immagino un automobile che viaggia, un’automobile anomala con solo uno strumento: il contachilometri.
I passeggeri contenti lo guardano soddisfatti.
Nessuno altro strumento sul cruscotto, niente dice loro se c’è una porta aperta, un guasto al motore, quanto carburante c’è ancora nel serbatoio.
Nessuno di loro saprà mai che il viaggio prima o poi finirà perché il carburante sarà esaurito o perché il motore si sarà fuso senza più olio.
La nostra società viaggia allo stesso modo, con un solo indicatore il PIL, tutto il resto non esiste.
La condivisione del sapere, il volontariato, l’auto-produzione di beni, non produce scambio di denaro e non incrementano il PIL , dunque sono inutili per la nostra società.
Se le persone si organizzano per coltivare orti su un terreno abbandonato, fanno il pane a casa, oppure utilizzano software liberi per far funzionare i loro computer, il PIL non cresce e il benessere sociale prodotto da queste azioni non ha nessun valore.
Forse guardare solo del PIL (in pratica il passaggio di denaro), come ci insegnano quelli della TV aggiornandoci ogni giorno sulle previsioni dei vari esperti è sbagliato.
Facendo così non teniamo conto che le attività economiche che incrementano il PIL intaccano beni comuni come:
– la qualità dell’aria, dell’acqua, il territorio;
– le fonti energetiche;
– la salute delle persone;
– la coesione e la pace sociale;
Non sacrifichiamo tutto questo e il capitale umano che lo difende in nome del PIL.
Non guardiamo solo il contachilometri.
Il PIL quale indicatore di benessere, è stato messo in discussione più di quaranta anni fa da Robert Kennedy, candidato alla presidenza degli Stati Uniti, in un discorso tenuto il 18 marzo 1968 alla Kansas University, poco dopo fu ucciso, forse non è stata una coincidenza, per saperne di più leggi qui
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