WikiLeaks

La trasparenza dei governi quale garanzia di giustizia, di etica, e democrazia!

Oggi si parla molto di WikiLeaks e di Julian Assange, uno dei creatori di questo sito web, che con le sue pubblicazioni di documenti segreti sta facendo tremare i governi e le diplomazie di mezzo mondo.
Si tratta di una organizzazione  internazionale che dal 2007 riceve in modo anonimo, documenti di carattere governativo o aziendale coperti da segreti, si occupa di verificarne l’autenticità e poi li pubblica tramite i propri server, preservando l’anonimato degli informatori e di tutti coloro che sono implicati nella “fuga di notizie”.
Contenuti scomodi e imbarazzanti che svelano verità tenute nascoste.
Quando Assange consegna ai giornali  migliaia di file riservati sulle operazioni militari statunitensi in Afghanistan e pubblica “Collateral Murder“, lo sconvolgente video in cui si vedono i piloti americani dell’elicottero Apache uccidere 10 civili tra cui un reporter della Reuters, tutto il mondo viene a conoscenza della devastante realtà della guerra in Afganistan  e del suo fallimento.
Wikileaks  si propone di diventare il servizio di intelligence più potente della Terra, un’agenzia spionistica al servizio della gente.
Un servizio open source, democratico usato per scopi leciti, più etico e meno fazioso rispetto a qualsiasi altro servizio di intelligence governativo.
Non ha interessi commerciali o nazionali di base, ma il suo unico interesse è la libertà e la veridicità dell’informazione.
Tutto questo scavalcando il potere costituito, che controlla e spesso ostacola la diffusione della verità nel mondo.
Wikileaks ha realmente avuto accesso e pubblicato i segreti della diplomazia americana, ma in che modo? Continua a leggere

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Digital Divide

Un’ altro aspetto del Digital Divide sarà discusso in un convegno che si terrà il 23 ottobre 2010 nell’ambito del Linux Day 2010 promosso a Caselle di Sommacampagna da www.officina-s3.org

In un mio precedente articolo parlando del “trashware”, ho evidenziato nel “Digital Divide” uno dei grossi problemi nel mondo dell’informatica.
Vediamolo un po’ più da vicino.
Il termine “Digital Divide” (DD) è nato ancora negli anni novanta negli Stati Uniti quando Al Gore allora vicepresidente a fianco di Bill Clinton, lo usò, per porre l’accento sulla disparità di accesso ai servizi telematici tra la popolazione del paese.
Oggi il termine è usato in una prospettiva più globale, considerando le disparità tra paesi ricchi e paesi in via di sviluppo, analizzando però anche le prospettive a livello locale.
Una delle cause principali di questo fenomeno, per i paesi in via di sviluppo è di carattere economico, poiché ampia parte della popolazione non è in grado di accedere alle tecnologie per motivi di reddito, sia per l’impossibilità di acquistare un computer, sia per pagare un abbonamento per accedere a internet.
La motivazione economica, però, non è la sola, altri fattori come l’assenza di infrastrutture, l’analfabetismo informatico contribuiscono a accentuare questo divario.
Il Digital Divide può avere come effetto l’aumento delle diseguaglianze economiche già esistenti, innescando un circolo vizioso che porterebbe i paesi in via di sviluppo ad impoverirsi ulteriormente.
Un altro aspetto ancora più importante è la limitazione all’accesso all’informazione.
I governi meno democratici tendono a manipolare l’informazione attraverso il controllo dei mezzi di comunicazione tradizionali (la televisione, la radio, i giornali ecc.).
Essendo l’informazione su internet più difficile da controllare, non è un caso che dove non c’è democrazia si tenti in tutti i modi di limitare l’utilizzo libero di questo mezzo, attraverso censure, limitazioni e controlli.
Nel caso di un colpo di stato non si corre ad occupare le banche, ma la radio e la televisione.
Eppure in Italia apparentemente non è successo niente…

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