Digital Divide

Un’ altro aspetto del Digital Divide sarà discusso in un convegno che si terrà il 23 ottobre 2010 nell’ambito del Linux Day 2010 promosso a Caselle di Sommacampagna da www.officina-s3.org

In un mio precedente articolo parlando del “trashware”, ho evidenziato nel “Digital Divide” uno dei grossi problemi nel mondo dell’informatica.
Vediamolo un po’ più da vicino.
Il termine “Digital Divide” (DD) è nato ancora negli anni novanta negli Stati Uniti quando Al Gore allora vicepresidente a fianco di Bill Clinton, lo usò, per porre l’accento sulla disparità di accesso ai servizi telematici tra la popolazione del paese.
Oggi il termine è usato in una prospettiva più globale, considerando le disparità tra paesi ricchi e paesi in via di sviluppo, analizzando però anche le prospettive a livello locale.
Una delle cause principali di questo fenomeno, per i paesi in via di sviluppo è di carattere economico, poiché ampia parte della popolazione non è in grado di accedere alle tecnologie per motivi di reddito, sia per l’impossibilità di acquistare un computer, sia per pagare un abbonamento per accedere a internet.
La motivazione economica, però, non è la sola, altri fattori come l’assenza di infrastrutture, l’analfabetismo informatico contribuiscono a accentuare questo divario.
Il Digital Divide può avere come effetto l’aumento delle diseguaglianze economiche già esistenti, innescando un circolo vizioso che porterebbe i paesi in via di sviluppo ad impoverirsi ulteriormente.
Un altro aspetto ancora più importante è la limitazione all’accesso all’informazione.
I governi meno democratici tendono a manipolare l’informazione attraverso il controllo dei mezzi di comunicazione tradizionali (la televisione, la radio, i giornali ecc.).
Essendo l’informazione su internet più difficile da controllare, non è un caso che dove non c’è democrazia si tenti in tutti i modi di limitare l’utilizzo libero di questo mezzo, attraverso censure, limitazioni e controlli.
Nel caso di un colpo di stato non si corre ad occupare le banche, ma la radio e la televisione.
Eppure in Italia apparentemente non è successo niente…

Nel “bel paese” questo fenomeno si manifesta principalmente nell’esclusione di milioni di cittadini dal collegamento veloce ad Internet (la banda larga).
In Italia, patria dei telefonini (siamo i primi utilizzatori del mondo), la copertura del territorio italiano è sempre stato sotto il livello della media europea e in questi ultimi anni il divario sta aumentando.
Il mercato italiano non essendo in grado di sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie (vedi WiMAX), si affida agli operatori telefonici, proponendo dei palliativi come le connessioni UMTS, tramite chiavette/modem USB o cellulare, introducendo di fatto, un altro tipo di Digital Divide fra zone servite da una banda larga stabile e a prezzi accessibili, e località dove i cittadini possono solamente scegliere fra una connessione lentissima a 56 k attraverso un modem analogico, le connessioni UMTS degli operatori telefonici, costose, poco affidabili e spesso lente oppure la connessione con il satellite. Leggi un dossier completo sul problema.
Che fine ha fatto il piano Romani, che doveva azzerare il Digital Divide in Italia?Questo piano messo a punto da Paolo Romani, viceministro allo Sviluppo economico con delega alle comunicazioni dell’attuale Governo Berlusconi, consisteva nel portare la banda larga a 20 Megabit al 96% della popolazione, e almeno a 2 Megabit alla parte restante, entro il 2012.
Per attuare il “piano Romani” erano previsti 800 milioni di euro in un progetto complessivo da 1,47 miliardi.
Nell’estate del 2009 i fondi sono stati stanziati, ma il Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, non ostante le pressioni di Telecom Italia, dello stesso Romani e del ministro Brunetta ne ha rimandato l’assegnazione.
Il 4 novembre 2009 il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio in carica, Gianni Letta, dichiara un “congelamento” del piano.
Sostiene inoltre che i fondi siano sempre rimasti al Cipe, e non quindi dirottati altrove come si era talvolta paventato.
Essi, comunque, saranno sbloccati solo una volta usciti dalla crisi, non essendo la banda larga una priorità. Leggi l’articolo del Sole 24 ore.
Invece, il 17 settembre 2010 viene annunciata una definitiva riduzione dei fondi a soli 100 milioni, che potrebbero già ricomprendere la quota di finanziamento proveniente dalle regioni.
L’investimento è stato ritenuto nuovamente una spesa da evitare in tempo di crisi economica, e non un’opportunità di sviluppo. Leggi l’articolo sul Sole 24 ore.

Mi domando in questi tempi di crisi cosa siano per l’attuale Governo le opportunità di sviluppo e le priorità.

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5 risposte a Digital Divide

  1. enri1968 scrive:

    Mi trovi d’accordo e mi piacerebbe che qualche esponente dell’esecutivo ci rispondesse ma credo che siano occupati con qualcos’altro …
    Tornando sul tema, ad esempio se un’azienda ha necessità d’avere una nuova linea internet adsl o superiore provate a vedere quanto tempo ci vuole fra l’arrivo dell’offerta e la sua installazione qui in Italia.

  2. Mirco scrive:

    Poco dopo la pubblicazione di questo articolo, hanno “promosso” Paolo Romani a ministro per lo sviluppo economico, forse per farsi perdonare…

  3. alex curti scrive:

    proviamo a cambiare il metodo d’approccio. entriamo nelle istituzioni e lavoriamo perchè la connettività internet sia un bene primario, come l’acqua.
    guardando il digital divide come risorsa non come problema, cambieremo qualcosa.
    stay tuned

  4. Mirco scrive:

    Grazie Alex per il tuo commento, è proprio quello che stiamo facendo in Officina S3 della quale un sono socio fondatore.
    Se vuoi dai una occhiata http://www.officina-s3.org
    Ciao

  5. luis scrive:

    Leggete questa discussione su questo forum http://www.ilforumdellaliberta.it/viewtopic.php?f=39&t=4778 si discute sulla diminuzione del digitaldivide in italia ( oltre 500 centrali ADSL attivate nel 2010 , contro le 300 attivate in totale dal 2004 al 2009 !!! ) dedicategli 5 minuti !!!! DITE COSA NE PENSATE !!

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