C’era una volta un re…

Non mi sono mai piaciuti i pugili, ma per lui farò una eccezione.
Muhammad Alì (Cassius Clay), considerato uno dei più grandi pugili di tutti i tempi, merita un posto nella leggenda, non solo per i meriti sportivi, ma anche per l’impegno nella lotta per la pace e i diritti civili.
Nacque nel 1942 nel Kentucky (USA) e fin da giovane si mise in mostra per il suo talento, a 18 anni vinse la medaglia d’oro ai giochi olimpici del 1960 a Roma.
Dopo le olimpiadi passò subito al professionismo e nel 1964 divenne campione del mondo dei pesi massimi.
Il continuo movimento delle gambe e del corpo e la velocità dei suoi colpi, inusuale per un “peso massimo” fece dire di lui: “vola come una farfalla e punge come un’ape”, ma anche la potenza dei suoi colpi non era da meno, molti furono infatti i combattimenti vinti per KO.
Una svolta importante nella sua vita fu la conversione alla fede mussulmana (1964) e da allora il suo nome non fu più Cassius Clay, ma Muhammad Alì, scelta molto criticata dall’opinione pubblica americana che aveva cominciato ad amarlo.
Orgoglioso di essere “nero” frequenta il movimento dei Musulmani Neri sostenendo le teorie di Malcom X e di Martin Luther King, contro la segregazione razziale.
Grande oratore, ironico, spavaldo a volte provocatorio, esercitava un grande fascino sul pubblico.
Usava la provocazione verbale anche con i suoi avversari prima e durante il combattimento.
Quando nel 1966 rifiutò di farsi arruolare nell’esercito e di combattere in Vietnam (nessun Vietcong mi ha chiamato negro, disse in una intervista) si dichiarò obiettore di coscienza, per questo fu condannato a 5 anni di prigione e alla perdita del titolo di campione del mondo e della licenza delle federazioni atletiche statunitensi.
Ritornò a combattere nel 1971 per riprendersi quel titolo mondiale che nessuno sul ring gli aveva tolto.
Solo nel 1974 riuscì a riconquistare il titolo di campione del mondo, in un incontro storico che si svolse nello Zaire (la Repubblica democratica del Congo di Mobutu).
Muhammad Alì vinse l’incontro contro George Foreman, un pugile potente e non privo di tecnica.
Alì consapevole della superiorità “fisica” del rivale adottò una strategia che mise in mostra oltre alla sua risaputa intelligenza tattica le sue capacità di “incassatore” fino ad allora sconosciute.
Incollato alle corde per 8 riprese incassò una enorme quantità di colpi tremendi, in parte attutiti dal movimento del corpo appoggiato alle corde elastiche del ring.
Alla fine del 8° round Foreman era stremato, Alì capì che era il suo momento, uscì allo scoperto e mise a segno una serie di colpi precisi e potenti, l’ultimo dei quali mise al tappeto il rivale.
Questo grande evento sportivo e il relativo “contorno” sono magnificamente raccontati nel documentario “When We Were Kings” del 1996, vincitore del premio Oscar 1997 come miglior documentario.
Qui sotto le immagini conclusive dell’incontro:

L’anno successivo Ali affrontò Joe Frazier, i due pugili si erano già incontrati due volte (una vittoria per ciascuno) mettendo in palio il suo titolo mondiale e per stabilire chi dei due fosse il più forte.
Vinse Alì in un match che vide i pugili combattere con veemenza e senza risparmio di colpi.
Prima dell’inizio dell’ultima ripresa l’allenatore di Frazier gettò la spugna, il suo pugile era distrutto.
Anche questo incontro come quello del ’74 contro Foreman è ritenuto uno dei più grandi incontri di tutti i tempi.
Nel 1978 Muhammad Alì perse il titolo mondiale e nel 1981 dopo aver ritentato inutilmente di riconquistare il titolo l’anno precedente, si ritirò definitivamente dalle competizioni.
Non era più la farfalla di una volta, i segni del morbo di Parkinson che si manifesteranno in maniera evidente nel 1984, erano questi.
Commovente l’immagine di Muhammad Alì alle Olimpiadi di Atlanta del 1996 come ultimo tedoforo incaricato di accendere il braciere olimpico.

Un bel servizio di Gianni Minà

Gianni Morandi lo ha ricordato in una canzone

 

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5 risposte a C’era una volta un re…

  1. enri1968 scrive:

    Un grande uomo di sport e non solo. Non temeva nulla e più volte si è rimesso in gioco nella sua vita. Per me un vero eroe.

  2. Michele Bottari scrive:

    Auguri, campione. Guascone, rissoso, donnaiolo, ma coraggioso e immenso. Sei, e rimarrai per sempre, il più grande di tutti.

  3. Mirco scrive:

    Non ho parlato della della sua vita privata, in effetti era un donnaiolo però “buono”, si sposò 4 volte ed ebbe 9 figli (quasi tutte femmine).

  4. enri1968 scrive:

    E comunque il film documentario Quando eravamo re dovrebbe essere visto e divulgato il più possibile, purtroppo non è di facile reperibilità.

  5. enri1968 scrive:

    Non avevo mai letto l’articolo di Gianni Minà e devo dire che è proprio un gran pezzo di giornalismo!

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