Via della croce

In questo brano De Andrè descrive il martirio di Gesù fino ad arrivare sul monte Golgota dove venne crocifisso.
Il “viaggio” della crocifissione di Cristo è diviso e raccontato in più parti:

  • I padri dei neonati uccisi da Erode in cerca di Gesù, soddisfatti per la crocifissione di Gesù definito un ciarlatano che è stato ritenuto la causa della morte dei loro figli;
  • Le donne che partecipano impotenti al suo martirio;
  • Gli apostoli confusi e nascosti tra la folla per non essere scoperti, sgomenti nel pensare che un possibile saluto a Gesù li condannerebbero a morte;
  • Il “potere” con il “volto disteso” e di “umana sembianza” ora che Gesù è “morto abbastanza“;
  • I poveri e gli straccioni ai quali non è stato permesso partecipare alla “festa”;
    La pietà per i due ladroni Tito e Dimaco, che patendo la stessa pena di Gesù, a piangerli soltanto ci sono solo le loro madri.

Ecco il testo della canzone:

Poterti smembrare coi denti e le mani, sapere i tuoi occhi bevuti dai cani, di morire in croce puoi essere grato a un brav’uomo di nome Pilato.
Ben più della morte che oggi ti vuole, t’uccide il veleno di queste parole: le voci dei padri di quei neonati, da Erode per te trucidati.
Nel lugubre scherno degli abiti nuovi misurano a gocce il dolore che provi; trent’anni hanno atteso col fegato in mano, i rantoli d’un ciarlatano.
Si muovono curve le vedove in testa, per loro non è un pomeriggio di festa; si serran le vesti sugli occhi e sul cuore ma filtra dai veli il dolore: fedeli umiliate da un credo inumano che le volle schiave già prima di Abramo, con riconoscenza ora soffron la pena di chi perdonò a Maddalena, di chi con un gesto soltanto fraterno una nuova indulgenza insegnò al Padreterno, e guardano in alto, trafitti dal sole, gli spasimi d’un redentore.
Confusi alla folla ti seguono muti, sgomenti al pensiero che tu li saluti: “A redimere il mondo” gli serve pensare, il tuo sangue può certo bastare.
La semineranno per mare e per terra tra boschi e città la tua buona novella, ma questo domani, con fede migliore, stasera è più forte il terrore.
Nessuno di loro ti grida un addio per esser scoperto cugino di Dio: gli apostoli han chiuso le gole alla voce, fratello che sanguini in croce.
Han volti distesi, già inclini al perdono, ormai che han veduto il tuo sangue di uomo fregiarti le membra di rivoli viola, incapace di nuocere ancora.
Il potere vestito d’umana sembianza, ormai ti considera morto abbastanza e già volge lo sguardo a spiar le intenzioni degli umili, degli straccioni.
Ma gli occhi dei poveri piangono altrove, non sono venuti a esibire un dolore che alla via della croce ha proibito l’ingresso a chi ti ama come se stesso.
Sono pallidi al volto, scavati al torace, non hanno la faccia di chi si compiace dei gesti che ormai ti propone il dolore, eppure hanno un posto d’onore.
Non hanno negli occhi scintille di pena.
Non sono stupiti a vederti la schiena piegata dal legno che a stento trascini, eppure ti stanno vicini.
Perdonali se non ti lasciano solo, se sanno morir sulla croce anche loro, a piangerli sotto non han che le madri, in fondo, son solo due ladri.

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