Internet ci cambia il cervello

Era il “lontano” 1993 quando per la prima volta mi collegai con il mio PC auto-assemblato alla “rete”, fu una grande emozione.
Il browser che utilizzavo era Mosaic, riconosciuto come la “killer application” di allora, nel senso di una nuova tecnologia rivoluzionaria e vincente.
Il codice sorgente di questa applicazione fu purtroppo ceduto qualche anno dopo alla Microsoft, che lo chiamò Internet Explorer e lo inserì “forzatamente” nel suo sistema Windows per contrastare il predominio di Netscape un nuovo browser che nel frattempo aveva sostituito Mosaic.
A quei tempi la navigazione era lenta e costosa e i contenuti, se paragonati a quelli attuali, erano poco più che miseri.
Il tempo che si passava su internet (o meglio al computer) era molto, ma dedicato più capire ed imparare che realmente a navigare, anche perché la connessione avveniva tramite la linea telefonica tenendola occupata.
Internet non è solo un altro mezzo di comunicazione di massa alternativo alla TV, in meno di 20 anni, con un cambiamento impercettibile, ma veloce e inesorabile, internet è diventata “tutto”.
In rete si compra, si vende, si lavora, si gioca (anche con i soldi), ci si diverte, si comunica, si entra in banca, si prenotano voli ed alberghi in tutto il mondo, si conosce nuova gente e vecchi amici, si scrive e si legge, ci si documenta (a volte anche male), si studia, e tanto altro ancora.
Il termine “navigare in internet” non è mai stato così corretto: “…tra questa immensità s’annega il pensier mio e il naufragar mi è dolce in questo mare”, scrisse un grande poeta, ma era tutta un’altra storia.
I moderni e veloci motori di ricerca sostituiscono la nostra memoria arrugginita.
I Social network attraverso le scelte dirette dei cittadini, la cosiddetta spinta dal basso, mettono in crisi i vecchi sistemi rappresentativi.
Il panorama informativo che la rete mette a disposizione, modifica il modo in cui le persone costruiscono le loro opinioni e l’aumento delle informazioni disponibili in rete, crea a sua volta un aumento delle aspettative, con conseguente delusione, vedi per esempio la politica, vista oggi come la causa di tutti i mali, ma che non è, a mio avviso, ne meglio, ne peggio di quella di 20 anni fa.
Il tempo che passiamo collegati ad internet attraverso il nostro PC a casa o sul lavoro oppure attraverso i nostri diabolici smart-phone sempre on-line è diventato una parte importante della nostra vita quotidiana sia a livello di tempo, ma soprattutto di “stimoli” continui.
Tutto questo è un bene o un male? E’ la causa o la soluzione dei problemi della vita?

Personalmente sono convinto che internet stia diventando una “macchina diabolica e pericolosa” da usare con cautela.
Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti“. Questa profezia di Albert Einstein si sta purtroppo avverando?

Non ritenendomi indenne da questa “droga”, mi sono definitivamente cancellato dai vari Social-network, mi sono imposto di leggere la posta elettronica una volta al giorno, faccio in modo di essere io a chiedere e cercare ciò mi serve, invece che sia qualcuno (chi?) a propormi qualcosa.
Se utilizzo il PC per scrivere (questo articolo per esempio) faccio in modo di non essere “disturbato” da vari messaggi provenienti da internet, a volte spengo anche il telefonino.
Sono più che sicuro che internet condizioni pesantemente la nostra attenzione, il ritmo dei nostri pensieri, le nostre emozioni, la percezione della realtà e anche la nostra memoria (tanto lui si ricorda tutto) e cosa più grave, che modifichi in modo permanente l’organo “bombardato” da tutte queste informazioni: il cervello.
Non ho le prove scientifiche di questo, ma osservando il comportamento di alcune persone che ritengo essere internet dipendenti, ne sono quasi certo.
L’uso esagerato di internet oltre a portare dipendenza, come una qualsiasi droga, ci rende come minimo più distratti, oltre che a farci sentire più soli.
Nelle persone “internet dipendenti”, la separazione tra uomo e macchina, tra mondo fisico e mondo virtuale è stata cancellata.
In un arco temporale di pochi anni, molte persone, si sono fuse con la macchina e fissano uno schermo (TV, PC, tablet, smartphone) per più ore di quante ne passano per qualunque altra attività compreso il dormire.
A mio avviso i vari Social-network, unitamente alla rete mobile praticamente disponibile sempre e ovunque, ha contribuito in modo importante a questo fenomeno.
Ricevere una messaggio o una richiesta di amicizia, rappresenta una gratificazione, potrebbe essere un’ occasione sociale, affettiva, professionale.
Sono stimoli che producono motivazione e ricompensa, come il sesso, la musica, il buon cibo e … le sostanze stupefacenti.
Questo rilascio di dopamina è una scarica di energia che ricarica però il motore della compulsione come succede davanti al display di una slot machine.
Se non siamo in grado di controllarci, l’uso della rete prenderà il posto del sonno, dell’attività fisica, degli scambi tra le persone reali e appena si “stacca la spina” saremo invasi dalla malinconia e da un senso di solitudine.

La dipendenza da Facebook è secondo me un problema da non sottovalutare:

– controllare i messaggi prima di andare a letto e appena ci svegliamo;
– telefonini e computer portatili percepiti come “luogo della speranza”;
– dimenticare alcune cose importanti della vita reale;
– giovani che si creano una l’identità digitale (il famoso profilo) prima di averne una vera;
– lo stress provocato dall’obbligo di pubblicare sempre qualcosa;
– incapaci di distogliere lo sguardo dalla rete per paura di perdersi chissà che;
– la vita reale vista come un’altra finestra assieme a quella (o quelle) virtuale che abbiamo sul web:

Questi comportamenti, alcuni dei quali già sperimentati personalmente prima dello “switch off” da Facebook, sono sintomi di dipendenza.
Che internet con la tecnologia “sempre connessi”, possa creare dipendenza, disturbi psichici e danni permanenti al cervello è confermato.

Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) del 2013 comprenderà per la prima volta il termine: “sindrome da dipendenza da internet”.

Internet è come una forma di cocaina elettronica che scatena cicli maniacali seguiti da periodi di depressione” (Peter Whybrow istituto Semel università di Los Angeles).

Internet incoraggia le ossessioni la dipendenza e le relazioni da stress e favorisce l’infermità mentale” (Larry Rosen psicologo californiano autore del libro ìDisorder).

Nel libro “Insieme ma soli” Sherry Turkle descrive un mondo di persone tristi e stressate chiuse in un rapporto dispotico con le loro macchine.

“Gli scienziati della Jiao Tong University Medical School di Shanghai hanno trovato che nel cervello dei “Internet-dipendenti” si trova una anomala quantità di materia bianca (i fasci di fibra nervosa rivestita mielina che garantiscono il collegamento tra l’encefalo e il midollo spinale) nelle aree preposte all’attenzione e al controllo delle funzioni esecutive. Esattamente come nei cervelli dei dipendenti da alcool e stupefacenti, nonché nei giocatori compulsivi di videogame”. [da “Internet ergo sum” un articolo de L’Espresso 22/11/2012]

Internet però è ancora in mano nostra, se sappiamo cosa vogliamo, possiamo rimodellarla con la nostra mente, primo che internet rimodelli noi.

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Amy Winehouse un talento perduto

Il 23 luglio ultimo scorso è morta Amy Jade Winehouse aveva 27 anni.
E’ stata trovata morta nel suo appartamento a Londra.
Ufficialmente un mix di alcool e farmaci, una overdose qualcuno sostiene.
La cantante oltre che per la sua stupenda voce e il talento, era nota anche per la sua eccentricità, ma quello che l’ha tradita è stata la sua vita convulsa e spericolata: depressione, alcolismo e abuso di stupefacenti e un marito sbagliato.
Quello che è successo è stato la conseguenza di tutto ciò.
Una voce inconfondibile, ricorda Janis Joplin e anche un po’ la nostra Giusy Ferreri, le sue interpretazioni coadiuvate anche a livello di scenografia da una band eccezionale si rifanno al rhythm and blues degli anni ’70, con qualche “spruzzata” di jazz e di rock .
Il suo brano più famoso (Back to Black tratto dall’omonimo album) ha venduto milioni di copie eccolo in una “sofisticata” esecuzione:

Back to Back
Non ho lasciato tempo ai rimpianti, lui si è tenuto il cazzo bagnato, con la sua vecchia scommessa sicura.
Io e la mia testa alta con le mie lacrime asciutte, vado avanti senza di lui.
Sei tornato da ciò che conoscevi, così lontano da quello che abbiamo passato.
Io ho percorso una strada dissestata e le mie probabilità sono sfavorevoli, tornerò al lutto.
Ci siamo detti addio solo a parole e sono morta cento volte, tu torni da lei e io torno da … io torno da noi.
Ti amo tanto, non è abbastanza : tu ami sniffare e io amo fumare.
La vita è come una canna e io sono come un piccolo centesimo che rotola su per il muro.
Ci siamo detti addio solo a parole e sono morta cento volte, tu torni da lei e io torno al black..black ….

Altri brani di questo album che mi sono piaciuti:

Love is a losing game
Per te ero una fiamma, L’amore è un gioco perdente. Cinque storie e fuoco appena sei arrivato. L’amore è un gioco perdente, perché vorrei non aver mai giocato?

[…] So che sei un uomo che ama il gioco d’azzardo, ma l’amore è una mano perdente. […] L’amore è un destino rassegnato e i ricordi rovinano la mia mente… L’amore è un gioco perdente.

You know I’m no good
Ti ho incontrato al piano inferiore del bar, ti sei alzato le maniche della tua t-shirt e hai detto “cosa hai fatto con lui oggi?”.
Mi hai fiutato come fossi una del Tanqueray (fabbrica di Gin di Londra)  perché sei il mio ragazzo, il mio partner, dammi la tua sedia e vola da quando sarò fuori dalla porta, piangi come se fossi Roger Moore, ho tradito me stessa, come sapevo che l’avrei fatto.
ti ho detto che avevo dei problemi, sai che non sono brava.
Al piano di sopra a letto con il mio ex ragazzo, lui è venuto, ma io non riecso a provare piacere perché penso a te nell’abbraccio finale.[…] Corro fuori per incontrarti e mi dici:” quando ci sposeremo?”, Perché non sei amareggiato?. “Lui non ci sarà più tra i piedi”…

Cantava la sua fragilità, il suo disagio esistenziale, la sua debolezza, che con le canzoni non è riuscita a togliersi di dosso. Per lei non solo l’amore è stato un “losing game”, ma purtroppo anche la vita.

Tra i vari commenti nel web questo mi è piaciuto:
Un angelo maledetto Amy, con un talento divino e ora tragicamente perduto … riposa in pace anima fragile, ora sei finalmente libera.
A noi resta l’incanto breve e intenso della tua voce magica … per sempre.”

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